Lunga Notte – Parte 3

Bentornati! Oggi riprendono le indagini di Yulia Stukov sulla scomparsa di Alan Potarov. Avevamo lasciato la nostra protagonista alle prese con un possibile testimone, ma le cose stanno per volgere in una direzione tanto inaspettata quanto… personale per la detective.
Non mi rimane allora che augurarvi buona lettura ed invitarvi a commentare questa storia, della quale potete recuperare i capitoli precedenti qui
.

Mezzanotte

“… aveva iniziato a frequentare uno strano uomo, e lo abbiamo visto sempre meno”

L’espressione del ragazzino muta. Non più turbato, ma ben altro: Yulia conosce fin troppo bene quell’emozione.
E’ spaventato.

“Ti prego, è importante. Se hai indizi su quell’uomo, devo averli… è l’unico legame con Alan che mi resta”

“Io l’ho visto, una volta. Quell’uomo, intendo. Stava aspettando Alan qui, non lontano da dove siamo noi adesso.
Ma lui ha visto me, lo so. I nostri sguardi si sono incrociati. Quegli occhi grigi… qualcosa dentro mi urlava di non guardarli, di fuggire… ma non ci riuscivo. Non sono riuscito a staccarmici, finchè lui non ha deciso di guardare altrove”

“Descrivimelo, devo trovarlo”

“Era vestito in modo elegante, ma… non ricordo altro se non i suoi occhi…
Aspetta… ci sarebbe una cosa…”

“Cosa?”

“Alan, quando parlava di lui, lo chiamava… il suo angelo custode. E ripeteva spesso una frase… me l’ero scritta sul cellulare, per capire chi fosse quel tizio… dove l’ho messa… ah, ecco!

Quando alzai il capo dal mio calice di dolore
l’arcangelo Gabriele
il gentile Gabriele
Gabriele, signore della Pietà
mi apparve

… miss, tutto bene?”

No, Yulia Stukov non sta affatto bene. Le pupille dilatate, la mano trema… e la mente scivola in ricordi che la pietà aveva obliato.

“No, non può essere lui… non deve!”

Sono le ultime parole che i due si scambiano, quella notte.
Sotto una pioggia che cade impietosa su un mondo impietoso, Yulia non ha da temere della sua fobia, perchè non è più sola. I fantasmi del passato la circondano, tormentandola con la lama più affilata mai creata dall’uomo: il rimpianto.
Poi, il cellulare squilla. I fantasmi si ritirano, consapevoli che altre occasioni non mancheranno.

“Sì… sono a Newton Terrace, ti aspetto”

Dopo pochi minuti, il rombo di un motore disperde i pensieri dell’investigatrice. Un’auto lanciata a folle velocità le corre incontro, solo per inchiodare a pochi metri da lei.
Dal finestrino, un sorriso divertito.

“Un giorno o l’altro finirai per farci ammazzare, Jane”

“Ma fino ad allora, la vivremo tutta, boss!
… ehi, che hai? Sembra che tu abbia visto un fantasma”

Il richiudersi della portiera è l’unica risposta che Yulia concede alla sua socia.
Poi, l’argomento viene cambiato. I fantasmi, distratti.

“Mi hai detto di avere scoperto qualcosa sui Potarov”

“Sì.
Sembra che la signora Potarov si sia separata, prima di sposare l’attuale marito. E sembra che Alan sia il figlio del primo matrimonio”

“Strano. Perchè Alan ha il cognome di un uomo che non è suo padre, allora?”

Jane la guarda. Jane, la donna che ha sempre una battuta pronta, la donna per cui nulla vale davvero la pena di preoccuparsi anche solo un pò.
Ed allora, perchè Yulia legge angoscia nei suoi occhi?

“Me lo sono chiesto anche io.
Ed ho scoperto che la signora Potarov si separò per maltrattamenti domestici. Le denunce nella polizia caddero sempre nel vuoto. Bustarelle, immagino. Alla povera donna non rimase che andarsene.
Ma non è tutto. C’è la cosa più importante”

“Avanti, dimmi”

Eppure, Jane esita. La guarda ancora, come se la stesse guardando davvero per la prima volta nella sua vita.
Ma alla fine cede. E parla.

“Il nome dell’ex marito. Sono riuscita a trovarlo.
Boris…”

“Troietta insolente!”
Yulia era a terra, le orecchie che le fischiavano ed il volto che le sanguinava. Dinanzi a lei, l’uomo faceva oscillare la cintura. Il secondo colpo non tardò ad arrivare.
“Ora fai meno la saccente, eh? Fai la brava, se non ne vuoi ancora!”
La ragazza era sull’orlo del pianto, ma non avrebbe mai dato quella soddisfazione al mostro. Quindi, si limitò a rialzarsi e a ritirarsi, in silenzio.
“Che vinca o perda, un uomo si distingue nella dignità” diceva sempre suo nonno. Ed ora, mentre Yulia se ne andava a testa alta, il suo patrigno se ne andava a calare la testa, colto dai conati della sbornia.
Come poteva un uomo solo indulgere in così tanti vizi? Yulia se l’era sempre chiesto.
Poi, aveva scoperto che a lui non piacevano le ragazze che facevano domande. Né tantomeno che davano risposte, specie se sfrontate. Le ragazze gli piacevano solo zitte e chine su di lui.
Anche per quel motivo, Yulia si chiuse a chiave in camera. Ma la pace aveva vita breve in quella casa.
“Maledetta puttana! Apri questa cazzo di porta o ti ammazzo!”
Un colpo alla porta, tanto forte da farla tremare.
“Basta, ti prego! Hai vinto!”
“Ahah, te la sei fatta addosso! Le donne non hanno le palle, checchè ne pensasse quell’imbecille di Alexei!”
Un istante di silenzio. Poi la maniglia girò, e la porta si aprì.
“Su, Yulia, vieni qui e dammi un ba…”
La mazza da golf lo colpì in pieno volto. Con un grido di dolore, l’uomo crollò a terra, il volto una maschera di sangue.
“Ti ammazzo! Ti faccio a pezzi…”
La ragazza non aveva alcuna intenzione di udire altro. Diede un altro colpo, per poi buttare a terra l’oggetto ormai contorto e correre.
Quando si fermò, esausta, non sapeva dov’era. Sapeva solo che non sarebbe tornata indietro.

… Stukov.
Boss… che cazzo sta succedendo?”

L’Ora delle Maschere

“Non lo so…”

“Mi prendi per il culo?! Come puoi non saperne niente! Quel ragazzo è tuo cugino, devi saperne qualcosa!”

Jane continua ad urlare, ma Yulia non la ascolta più.
Suo cugino. Alan Potarov o, fino a pochi anni addietro, Alan Stukov.
La rivelazione è tale da lasciarla stordita per qualche istante.

“Boris… quante altre vite hai rovinato?”

“Boss! Cazzo, ascoltami!”

Costretta a tornare alla realtà, l’investigatrice emette un solo, flebile sospiro.

“Quello è tuo cugino, e anche se vuoi darmi a bere che non sapevi di averne uno, non possiamo restare con le cazzo di mani in mano!
Cosa facciamo?!”

Per una volta, è Yulia ad avere la risposta pronta. Anche se, ovviamente, non piacerà alla sua collega.

“Devo andare a teatro”

“… eh?”

“Mi hai sentita. E devo andarci da sola”

“Boss… hai preso troppa acqua stanotte. Non ragioni…”

L’occhiata che Jane riceve è talmente fredda da farla rabbrividire. Sono quelle rare circostanze in cui si ricorda del perchè ha iniziato a chiamarla “boss”.

“Va bene… come vuoi. E’ cugino tuo, dopotutto.
Quindi…”

“York Theatre”

“Ma è chiuso, a quest’ora”

“Jane. Metti in moto questa cazzo di macchina e portami a quel teatro.
Grazie”

Arresasi, Jane rimette in moto l’auto. York scivola sul parabrezza, ma le sue ombre lasciano un alone difficile da scrollarsi di dosso.
Ed infine, lo York Theatre.

Il teatro si innalza in tutto il suo notturno splendore dinanzi alla piccola, insignificante ragazza. Freddo testimone di eventi passati, Yulia vi si avvicina con reverenziale rispetto.
Un sentimento che trova ben poco spazio negli occhi assonnati del custode.

“Miss, il teatro è chiuso, ripassi alle…”

“James, sono io”

L’uomo strabuzza gli occhi, cercando malamente di ridarsi un contegno professionale.

“M-miss Stukov! Non l’avevo riconosciuta, mi scusi! La faccio entrare!”

Le porte del teatro si aprono. Il lungo corridoio è completamente buio, ma alla ragazza non serve alcuna luce, qui. I ricordi basteranno.

“Miss… la raggiungerà anche il suo compagno?”

“Non… non credo, James”

Tra le tenebre, la ragazza raggiunge prima la platea e poi, con un moto di emozione, il palcoscenico. I suoi passi risuonano in egual misura sul legno e sui ricordi.

“Infelice ch’io sono,
non so portare il cuore sulle labbra!
Amo vostra maestà, né più né meno.
che mi detta il mio vincolo di figlia”

Yulia Stukov non era più lei, ma Cordelia, la devota figlia del folle Re Lear, la sua parte preferita: la figlia devota al padre, fedele alla famiglia fino ad abbracciare il sacrificio finale.
E dando ragione ai critici che avevano preso a definirla la nuova meraviglia del teatro inglese,

“Il tempo scoprirà quel che l’astuzia
cela tra le sue pieghe;
la vergogna si fa alla fine scherno
di chi sa ricoprire i propri vizi.
Buona fortuna a entrambe”

Solo in quel momento, il commiato di Cordelia, lo sguardo di Yulia si posò sul suo pubblico. Ma non riuscì a staccarsene.

Un uomo, bello come il sole e con due occhi che sembravano leggerle l’anima, la stava fissando. Fu solo il mormorio degli astanti che la fece tornare in sé e, confusamente, sparire dietro le quinte.

Nelle battute successive della tragedia, Yulia non sembrava realmente presente e tutti se ne accorsero, soprattutto lei. Non riusciva a fare a meno di guardare nella direzione di quell’uomo e, ogni volta, lo trovava a fissarla. Era abituata sia ai fan che agli innamorati, ma lui era diverso. Come e perché, non avrebbe saputo dirlo.

La risposta arrivò quando si ritirò nel suo piccolo e disordinato camerino. Un mazzo di rose rosse la attendeva, e la dedica giunse nella forma di un cortese bussare alla sua porta. Lei sapeva che era lui.

A Yulia sembrò ancora più bello in quel momento, con quel timido sorriso e quei grandi occhi grigi che parevano invitarla a danzare alla loro melodia.

“Spero scuserete questo povero appassionato di teatro per il suo pensiero, ma davvero il mio cuore mi ha impedito di fare altrimenti. Voi avete ridato vita a Cordelia e a tutta la corte di Lear questa sera, milady. Anche se, vedendovi qui ora, capisco che la vostra bellezza non era miraggio del palcoscenico, e che quelle povere rose fanno una ben magra figura dinanzi a voi.
Ma la notte è ancora giovane, come voi, e mi chiedevo se la più brava attrice di York avesse qualche impegno al di fuori del palcoscenico. I giornali parlano tanto di voi davanti al sipario, ma dicono così poco su ciò che si cela dietro…”

Yulia strinse le rose a sé. Le stava davvero chiedendo di uscire con lui? Se non fosse stato troppo imbarazzante, si sarebbe data un pizzicotto.

“Io… ecco… credo di avere… cioè, no, non intendevo… quello, ma… sì, insomma, quello, ecco…”

Lui rise appena, e a quel suo atto Yulia fu certa di sentire il suo cuore sciogliersi.

“Mi sembrate un po’ incerta, milady. Forse è meglio che ripassi…”

“No! No, restate… vi prego”

L’uomo sorrise, e le porse la mano.

“Per voi, milady, resterò. Per sempre, se sarà necessario”

Ma altri passi risuonano sul palconoscenico, distogliendola dai più dolci ricordi.
E la voce di Yulia si macchia di paura.

“Chi sei?!”

[Continua…]
Luca Tirelli
Gruppo letterario Camarilla Italia

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