Il Pianto di Caino – Parte 1

Oggi vi propongo l’inizio di un nuovo racconto, che può essere considerato una sorta di “seguito spirituale” de Le Due Rose. Ci troviamo ancora a York… ma non è la tranquilla città inglese che forse avete avuto occasione di visitare. Siamo nel Mondo di Tenebra, l’ambientazione cara ai Vampiri come Yulia Stukov… e cose molto, molto peggiori.
Come sempre vi invito a lasciare commenti e, se vi è piaciuto, a condividere il racconto!

“Mi chiamo Andrea Rizzo”

Il lampo illumina brevemente l’ufficio, spezzando l’altrimenti ininterrotta monotonia di un pallido monitor.
L’uomo si volta appena, osservando la città dalla finestra aperta: sopra una città che fatica a lasciarsi scivolare tra le braccia di Morfeo, il cielo porta il volto di Zeus.
Ma nemmeno estrose metafore mitologiche potrebbero trasformare la pioggia in una notizia da prima pagina: quando mai York è rimasta all’asciutto per più di una settimana?

“E quanto a lungo è rimasta senza che un giornalista scrivesse dell’ultimo omicidio per le strade? Molto meno”

Stanco, il giornalista torna a posare il suo sguardo sul monitor, e vi legge la storia di un’altra morte insensata, altra carne che verrà gettata al famelico pubblico per consolarlo dell’unica, amara verità.

“Lei è morta, voi siete ancora vivi. Congratulazioni”

Sono pensieri come questo che portano l’uomo a riempire nuovamente il proprio bicchiere. Sono pensieri come questo che l’hanno portato a svuotarne molti, troppi altri: negli ultimi mesi, l’alcool è diventato suo compiacente complice del peggiore dei crimini… ma dopotutto, chi piangerà per una coscienza soffocata nel silenzio?

“Mister Swann?”

Patrick solleva lentamente il capo, finchè i suoi occhi non incontrano quelli della sua assistente nonché fotografa d’assalto. Capelli corti e castani, occhi azzurri ed un timido sorriso che nasconde la più ferrea determinazione nel trovarsi nel posto giusto ed al momento giusto per uno scatto da prima pagina.
E’ per questo che l’ha assunta, dopotutto. O almeno, è quello che ama ripetersi.

“Sì, Allie?”

“Io andrei, Mister. Ormai è mezzanotte…”

Il giornalista guarda a malapena l’orologio. E’ abituato a quegli orari, e spesso anche di molto peggiori. Ma così è fatto il lavoro che ha tanto amato, e che come tutti i più grandi amori, ora si ritrova ad odiare.
Ma è per questo i suoi lettori lo apprezzano: l’odio è il naturale condimento del sangue.

“Certo, certo. A domani”

“A domani, Mister Swann”

La porta si richiude. Eccezion fatta per un probabilmente assopito guardiano, Patrick Swann è l’ultima persona rimasta nella sede. Almeno di ciò, il giornalista è profondamente grato.
Ed è per questo che la smorfia di disappunto è così profonda, quando il telefono del suo ufficio squilla. Lui lo lascia fare, nella speranza che si stanchi; ma come tante altre speranze, anche questa è infine destinata a morire.

“Pronto?”

“Buonasera, Mister Swann. E’ un piacere…”

Una voce maschile. Calma, gentile. Leggermente accondiscendente. Ce ne sarebbe abbastanza per mandarlo al diavolo, ma Patrick Swann rimane pur sempre un professionista, uno dei migliori, e come tale si comporta.

“Il giornale è chiuso a quest’ora. Richiami domattina all’orario di apertura, grazie”

“Ma io non voglio un giornale. Io voglio lei”

“… prego?”

“Mi presento. Mi chiamo Andrea Rizzo e, se per una volta la mia fama non mi precede, sono un organizzatore di eventi culturali ed artistici… di un certo prestigio. Ora, si da il caso che io abbia organizzato un tale evento proprio allo Yorkshire Museum.
E gradirei che lei vi presenziasse”

“Mister Rizzo… non so come siate abituati in Italia, ma qui non è consuetudine inviare i caporedattori a delle, mi perdoni, banali mostre d’arte”

“Le posso garantire che le mie mostre sono tutto fuorché banali, Mister Swann”

“Certo. Ed io le garantisco che farò in modo di mandarle il migliore dei miei stagisti, nei prossimi giorni”

L’uomo dall’altra parte della cornetta sospira. E la voce non è più né gentile né accondiscendente: è tanto calma da essere più fredda del vento che soffia dalla finestra aperta.

“Vedo che non ha perso l’abitudine di mandare persone innocenti su piste pericolose, Mister Swann. Mi dica, è forse consuetudine inglese fare carriera sui cadaveri di giovani ragazze scomparse?”

“Cosa… come… come si permette…?”

“E’ più bravo a nascondersi da sé stesso che da me, Mister Swann. Io so molte cose su di lei, ed è per questo che l’ho chiamata: io ho bisogno di lei, e di nessun altro. E ne ho bisogno proprio questa notte.
Spero non mi deluderà come ha deluso la signorina Stukov.
Ah, e porti una macchina fotografica: ne avrà bisogno”

Da una parte, la cornetta viene riattaccata. Ma dall’altra, è sospesa a mezz’aria, tremante come la mano che la impugna.
Patrick Swann è sotto shock, preda di ricordi e rimorsi che l’alcool aveva faticosamente seppellito.

“Sei un verme, Patrick. Come tutti gli altri in questa città di merda!”

Poi, lei era uscita fuori dal locale, tra le risate nemmeno troppo sommesse degli astanti. E lui, invece, era rimasto lì, con lo stupido mezzo sorriso di chi sentiva la propria lenza tendersi al punto giusto.
Ancora non lo sapeva, ma era l’ultimo sorriso che le avrebbe rivolto.

Tremando ancora, Patrick posa la mano sulla tastiera del telefono. Se è davvero rimasto qualcosa in lui tra l’alcool e i sonniferi, è lo spirito del reporter che non molla mai una pista.
E che Dio lo perdoni, per quella sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa.

Sull’Orlo dell’Abisso

La voce dall’altra parte della cornetta è sveglia e scattante.

“Mister Swann?”

“Prepara la macchina fotografica, Allie. Ti aspetto allo Yorkshire Museum”

La ragazza riattacca, senza porre né domande né risposte. Il loro è un rapporto basato sulle immagini, e le parole sono di solito un inutile intralcio.

“Paradossale che una fotografa ed un giornalista vadano così di intesa. Non siamo fatti per capirci, dopotutto.
Le foto sono come il mondo: ti colpiscono senza pietà e senza cattiveria, lo fanno perchè non possono fare altro.
Le parole, invece… le parole sono come le persone: da lontano sembrano piccole ed innocue, ma quando ti avvicini scopri che sono loro a decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. A volte litigano tra loro, a volte si amano… ma lo fanno sempre con una dignità insospettabile”

Questi ed altri pensieri continuano ad affollare la mente di Patrick Swann, quando il taxi si ferma lungo la strada che porta allo Yorkshire Museum.

“Perché ci siamo fermati?”

“E’ tutto bloccato, Mister”

“Ho capito, proseguo a piedi”

Pagato il conducente, Patrick non ha bisogno di camminare molto per scorgere lo schieramento di volanti della polizia poste intorno allo Yorkshire Museum.
E dove una qualsiasi persona si sarebbe allontanata allarmata, il giornalista si avvicina con passo deciso, riconoscendo negli abbaglianti colori che pugnalano la quiete della notte ciò per cui ancora vive.
Il brivido della notizia, la cerca della verità.
E a venirgli incontro è un agente, nei cui occhi si mescolano svariate tazze di caffè ed una considerevole dose di terrore.

“La prego di allontanarsi, Mister. Tutta la zona circostante il museo è off-limits”

“Sono un giornalista, agente. Sono stato contattato da Mister Andrea Rizzo per la mostra che si stava tenendo proprio qui”

Lo sguardo dell’agente muta e Patrick vi riconosce un ingrediente che non ha mai trovato di suo gusto.
Il sospetto.

“La mostra sarebbe iniziata domani mattina, non li legge i giornali?”

“No. Scriverli mi basta. E comunque, le garantisco che ho ricevuto…”

“Ho capito, ma non potrei farla passare nemmeno se fosse stato chiamato dalla Regina. L’area è off-limits e non posso dirle altro. Ordini dall’alto. Circolare!”

Solo momentaneamente sconfitto, Patrick si allontana scuotendo il capo. Per la seconda volta nella sua vita, un fallimento delle forze dell’ordine non gli porta scoop, ma solo dolore.

“Come sarebbe a dire che non avete trovato nulla?!”

L’alba era da poco sorta, ma la polizia aveva controllato quel giardino pubblico per tutta la notte. Il verdetto era stato inappellabile, e quell’aggettivo non era mai piaciuto ad un ragazzo che aveva fatto della danza delle parole la sua vita.

“La signorina Stukov è scomparsa, Mister Swann. L’ultimo testimone a cui siamo riusciti a risalire non ci ha potuto dare ulteriori indicazioni”

“Non è possibile! Ditemi chi è, riuscirò a farlo parlare, credetemi!”

Il poliziotto ha almeno una ventina di anni in più del giornalista, e ha attraversato sufficienti notti da sapere riconoscere la disperazione negli occhi di un uomo. Gli posa una mano sulla spalla, e rivolge le parole che un uomo non vorrebbe mai dire ad un altro.

“Il testimone è un ragazzino e di certo non potrà restituirle la signorina Stukov.
Vede, abbiamo controllato alcuni fascicoli, e sono emersi brutte vicende su quella famiglia. Molto brutte. Abusi familiari, omicidi, probabilmente regolamenti di conti con la mafia russa.
Se ne faccia una ragione: se anche fosse viva, non la ritroveremo più. Mi dispiace”

“Ah, pensavo si fosse perso!”

Ancora smarrito tra i tormenti del passato, Patrick guarda Allie Cormen come per la prima volta: una ragazza molto giovane, che in molti avrebbero giudicato più che carina, con quel timido sguardo sempre nascosto dietro l’immancabile macchina fotografica ed i capelli raccolti a coda di cavallo per non intralciare la ripresa.

“No, ma siamo comunque ad un vicolo cieco. La polizia non ci permetterà di entrare al museo, qualsiasi cosa sia accaduta lì dentro da giustificare un tale dispiego di forze”

Allie si limita ad osservare il museo, come se stesse cercando di leggere un libro scritto con un linguaggio particolarmente complesso.

“Non possiamo tornare indietro. Non possiamo andare avanti.
Non ci resta che lasciare il sentiero”

Patrick la guarda. Non lo sta prendendo in giro.

“Cosa intendi?”

Allie sorride, e per la prima volta da quando la conosce, le si fa vicino, sussurrandogli con il tono divertito della bambina che complotta l’ennesima marachella.

“Potremmo passare per le fogne, e arrivare ai magazzini sotterranei del museo. Altrimenti potremmo passare dal retro: c’è una porta chiusa, ma dovrei riuscire ad aprirla.
Oppure potremmo rompere un vetro ed entrare da una finestra: con tutta questa confusione, nessuno sentirà l’allarme”

Ora il giornalista la guarda stupito.

“Sei una fotografa o una ladra d’appartamento?”

“Le foto le fa la macchina fotografica. Il fotografo deve solo sapere essere nel posto giusto al momento giusto.
Anche se tutte le porte sembrano chiuse”

[Continua…]

Luca Tirelli
Gruppo letterario Camarilla Italia