FACILIS DESCENSUM AVERNI – 09 – Dove crede di andare

Benvenuti o bentornati! Quest’anno, per la collaborazione tra le due associazioni Camarilla Italia e Torre Nera, vi propongo un progetto di una storia a puntate, iniziata a gennaio, libera interpretazione delle tematiche del Mondo di Tenebra (ambientazione di alcuni dei giochi di ruolo della casa editrice White Wolf).

Un esperimento, anche per me, che spero possa intrattenere.

Buona lettura!

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Anche quando mi sentivo forte, sapevo che era Lui ad avermi in pugno. Anche quando mi permetteva di nutrirmi del suo corpo, era per un suo volere, non per una mia necessità.

Questa era una certezza, così come il nostro legame. In fondo, lui aveva bisogno di me quanto io avevo bisogno di lui. Per motivazioni diverse, s’intende.

Ma dovevo ben guardarmi dalle sicurezze, anche da quelle che credevo vitali. Questo perché non basta un buon pasto e delle informazioni per fare di due elementi una potenza della notte. Mi ero illuso, di nuovo, di poter avere un valore anche se mai esplicitato ad alta voce. Ora, invece, vedevo sfumare via quel pensiero insieme all’arrivo dell’aridità delle mie giornate.

Dal ritrovamento della collana, tutto si era fatto piatto. Non un ordine, non un motivo per uscire al sole, non un motivo per stare sveglio la notte. Con le settimane, perfino le punizioni e le torture iniziavano a mancare. È proprio vera la frase che mi ripeteva la mamma: è nel momento della mancanza che ti rendi conto di quanto prezioso sia ciò che possiedi.

E per me, è dura ammetterlo, la sua presenza, la sua voce, il suo tocco, tutto è prezioso. Do la colpa al sangue, alla maledizione del suo morso, all’abitudine ad averlo accanto. Ecco, la fame iniziava a fare posto alla paura di vedere tutto trasformarsi in ombre, perfino i ricordi, perfino l’immaginazione stessa.

Credevo che ci fosse altro oltre queste mura, dentro cui vivere e mostrarmi con Lui. Far sfoggio delle mie capacità di fronte ai suoi simili, un diamante allo stato grezzo dal valore indecifrabile. Credevo che, forse, un giorno, avrei potuto provare le stesse sensazioni dell’essere come lui. Avrei ancora provato delle sensazioni?

Ci vuole coraggio a sentire ancora determinati sentimentalismi, dopo aver ammesso a sé stessi di essere, e voler essere, una macchina mortale al Suo servizio. Dannata noia, dannato tempo.

Quando i morsi della fame avevano cominciato a farsi risentire li ho accolti come dei cari familiari a lungo rimasti lontano. Speravo che il limite di sopportazione mi dilaniasse nel più breve periodo possibile. Forse, le urla di dolore l’avrebbero fatto tornare. Ho continue allucinazioni riguardanti la vecchia e la nuova vita. Mia madre nuda che si contorce al suolo, fissandomi spaventata e implorando aiuto. Le scopate occasionali, la soddisfazione del momento, a quanto è piccola in confronto all’estasi del nutrimento oscuro. La forza sovrumana, che mi fa sentire potente quando nessuno può osservarmi.

L’unica cosa che non vedo è il futuro, anche se riesco ancora ad immaginare il luogo di profondo buio in cui credo di voler finire. Sarei mai in grado di comportarmi come fa Lui? Ad avere uno schiavo, a trattarlo come Lui tratta me? Se fossi peggiore di Lui, invece? Lo impressionerei? Che ne sarebbe del nostro legame, se decidesse di cambiarmi ancora una volta e mutarmi in qualcosa di grande quasi quanto lo è Lui?

Tutto questo, quando lui tornerà, potrà divenire la mia nuova realtà?

Dannata maledizione. Questo tormento scava nelle viscere anche più della richiesta di sangue.

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Tiziana Valentino

Gruppo letterario Camarilla Italia

www.camarillaitalia.com