Piccole grandi avventure, parte prima

Bentornati e bentrovati a tutti quanti, questa settimana ho intenzione di parlarvi di un gioco che è giunto di recente alla mia attenzione, Tiny Dungeons, edito dalla Gallant Knight Games.

Tiny Dungeons, 2nd edition

Lingua : inglese

Numero di pagine : 209

Costo : 17,99 $ (PDF), 24,99 $ (brossurato)

Autori : Alan Bahr,Gregory Israel, Jonathan M. Thompson, Tobie Abad, Marie Brennan, Shawn Carmen, Elizabeth Chaipraditkul, Steve Diamond, Miguel Angel Espinoza, Dianna Gunn, John Kennedy, Melanie Meadors, Mari Murdock, Darren Pearce, Jim pinto, Steve Radabaugh, W

Editore : Gallant Knight Games

Ambientazione

un classico uomo-lucertola, presente fra le razze giocabili

Tiny Dungeons dedica molto spazio all’ambientazione, infatti oltre metà del volume è dedicata a tale argomento, ma non ne ha una sola. Al fine di rimanere il più possibile fedele alla sua idea di minimalismo sfrutta questa mole di pagine per presentare addirittura 18 micro-ambientazioni, di cinque o sei pagine l’una. Nonostante possano apparire un poco risicate, in realtà sono fruibili già così come sono, perché presentano delle idee valide, sfruttabili (è chiaro che può rendersi necessario da parte del narratore approfondire e ampliare i contesti).

Si spazia fra molti generi, dallo “sword & sorcery” piratesco al fantasy post-apocalittico, dalle congiure di palazzo (con esplicito riferimento al Trono di Spade) al wuxia (ispirato ai miti e al folklore cinese). Ci tengo a dire che, laddove questo è necessario, sono presenti delle regole ad hoc atte a simulare dinamiche tipiche della singola ambientazione (riprendendo l’esempio del Trono di Spade, sono presenti le istruzioni per la creazione della casata e della gestione delle battaglie campali). L’elenco è lungo, e non voglio andare troppo nei dettagli, mi limiterò a descrivere solo le due ambientazioni che mi hanno colpito maggiormente. Con questo non sto sminuendo le altre, è  solo una questione di gusti.

Casa, dolce Dungeon

In questa ambientazione vengono ripresi gli stereotipi dei gdr fantasy classici,  ma da una prospettiva  opposta. Gli avventurieri  esplorano i dungeon in cerca di ricchezze, ma non come prodi eroi in lotta con le forze del male.  Qui sono solo ladri e briganti, che fanno irruzione  nella casa di povere creature le cui colpe sono un aspetto spaventoso e possedere qualcosa di valore, seminando dolore e paura. I giocatori  si trovano a ricoprire proprio il ruolo di questi sventurati mostri. Vengono proposti tre approcci diversi, il primo più semplice, dove i personaggi si ritrovano ad essere i difensori del sotterraneo in cui vivono, il secondo, un po’ più profondo dove invece si esplora l’ipotesi di cercare di creare una tregua fra questi due fronti, e il terzo  dove avventurieri  e mostri combattono gli uni al fianco degli altri per affrontare una minaccia comune ben più temibile.

nell’ordine: un salimar, una goblin e un nano

I Cieli sopra Rocét

Rocét, fino ad un secolo prima del momento attuale, era un mondo quasi idilliaco, o quantomeno un posto più che piacevole dove vivere, fino alla comparsa, proprio cento anni fa, di una misteriosa nebbia. Questa ricoprì tutte le terre, partendo dalle vallate più basse fino a lasciare libere solo la sommità delle montagne. Non si sa come sia arrivata, se sia stata creata per sbaglio o deliberatamente, e in tal caso da chi. Una cosa però è certa: è decisamente letale, per chiunque. Dopo un iniziale isolamento forzato, e in seguito alla creazione di aeronavi ad opera di maghi, è stato possibile riallacciare le comunicazioni fra le comunità di sopravvissuti, ma la distanza fra tali insediamenti e l’accesso a questo particolare tipo di vascelli hanno portato al sorgere di un nuovo fenomeno: la pirateria. Proprio questa può essere una maniera per impostare una campagna, in fin dei conti gli avventurieri e i pirati non sono così diversi. Un’altra possibilità consiste  nell’esplorazione delle rovine delle città perdute in seguito all’esodo, che gli occasionali movimenti della nebbia rendono di volta in volta accessibili. Il resto dell’ambientazione lascia ampio margine di personalizzazione al narratore, o meglio rendono necessaria questa cosa (dettagli, a parte alcuni elementi cruciali, sono scarni) .

Meccaniche

C’è molto poco da dire riguardo la meccanica di questo gioco, perché è davvero molto semplice: i test si risolvono lanciando 2 dadi a 6 facce, e se almeno uno di questi ottiene un 5 o un 6, l’azione ha avuto successo. Eventualmente determinate situazioni possono creare un vantaggio, nel qual caso si possono lanciare 3 dadi, o al contrario portare svantaggio, situazione in cui se ne lancia uno solo. Questo risolve praticamente qualunque situazione: prove di abilità, tiri salvezza, situazioni di combattimento e qualsiasi altra cosa possa passare per la mente. Come dicevo anche la risoluzione degli scontri è molto semplice, infatti le armi sono differenziate solo per la loro portata, e le armature e gli scudi, a meno che un personaggio non abbia talenti mirati ad usarli in maniera specifica, sono astratti.

la scheda del pg. da notare l’inventario diviso in caselle e colonne, importanti per gestire l’ingombro

La creazione del personaggio è brevissima, almeno per quel che riguarda il sistema. Si incomincia scegliendo la razza, si selezionano 3 tratti, che possono essere sia delle abilità in senso stretto (come per esempio sopravvivenza o furtività), che forniscono un vantaggio nei tiri relativi, oppure dei talenti (come furia o percepire il magico), che permettono ai personaggi di fare cose al di fuori della norma e delle regole. Infine si scelgono le armi in cui si è competenti ( da usare senza svantaggio) e quella preferita (che fornirà un vantaggio).

Ci sono anche una serie di regole opzionali, alcune delle quali risultano interessanti, mentre altre secondo me esulano dallo spirito minimalista di questo gioco.

Il capitolo  dedicato al narratore è in realtà occupato in buona misura dal bestiario, che occupa un ottavo del volume, a mio avviso un’esagerazione considerato il tipo di gioco a cui ci troviamo davanti (quantomeno si avrà a disposizione sempre una buona scelta di nemici). Per quanto riguarda le pagine dedicate effettivamente alla narrazione non si può dire che assolvono al loro compito in maniera esaustiva, ma cercano fornire un contributo, soprattutto per i più inesperti.

Votazione

Ambientazione : 7 (almeno per alcune)

Meccaniche : 6

Sostanza : 5

Voto complessivo : 6

Conclusioni

Un pregio che di certo va riconosciuto alla seconda edizione di Tiny Dungeon è la quantità di materiale adatto ad essere usato come sorgente di spunti, anche non usando il sistema; del resto per un giocatore esperto credo possa essere usato tutt’al più come un intermezzo nella campagna principale, o al massimo una curiosità. Per quelli alle prime armi può invece essere un buon sistema introduttivo, anche se per usarlo in maniera continuativa c’è un po’ di lavoro necessario da parte del narratore.

Nel complesso non ha dei difetti rilevanti, ma nemmeno dei pregi che lo facciano brillare. Credo che il migliore uso che se ne possa fare sia impiegarlo come fonte di idee, cannibalizzando le ambientazioni presenti.

Esiste anche una versione fantascientifica di questo gioco, Tiny Frontiers, e l’articolo di maggio riguarderà questo e la sua espansione, Mecha and Monsters, in cui si approfondiscono gli scontri “robot Vs mostro gigante”, tanto caro all’intrattenimento proveniente dal sol levante. Detto questo vi saluto.

Alla prossima.