Parallelamente al mio impegno con Camarilla Italia, gestisco una cronaca di Vampire: the Requiem cartaceo alla quale partecipano alcuni fra i miei più vecchi e cari amici. È un progetto antico, che porto avanti con discreta continuità da più di 10 anni e per il quale sono passate quasi tutte le persone che conosco. Pur avendo annoverato fra i suoi partecipanti un gran numero di giocatori, il nucleo centrale, lo zoccolo duro d’irriducibili della prima ora, è sempre rimasto lo stesso. Sono cambiati i Personaggi, certo, alcuni per incorsa cessazione del loro contratto con la vita (o la non vita) ed altri per sopraggiunta obsolescenza, ma col tempo ho imparato a conoscere i mie compagni di follia e, di conseguenza, a tarare il gioco attorno tanto ai loro desideri quanto alle loro propensioni. È il classico caso in cui il gioco si adatta ai giocatori, piuttosto del contrario.
Ma questo è sempre possibile? La risposta è sì, con un ma. Quindi no, con un però. Quindi sì. Però, in ultima analisi, no. Il mio approccio alla narrazione, anche in virtù ed a causa di quanto sopra, è sempre stato incentrato sul venire incontro alle necessità di chi sedeva al tavolo con me, puntando ad offrire loro la migliore esperienza di gioco anche a scapito del mio personale progetto narrativo. Questo concetto, preso di per sé stesso, continuo a ritenere meriti di essere tenuto in grande considerazione quando si veste il ruolo del regista in un teatro degli orrori, nella misura in cui è utopistico aspettarsi una risposta esattamente sovrapponibile a quella prevista, da parte degli attori. Pur tuttavia, laddove nella quiete della propria casa viene semplice cucire la trama sulla base delle scelte di chi la gioca, in un contesto ampio come quello di un’associazione su base nazionale diviene più complesso. Non impossibile, soltanto complesso.
Ragionando tanto sulla mia resa nel cartaceo quanto su quella dal vivo mi sono trovato a dare diverse risposte alla domande che mi sono posto. Fissare una trama centrale, una sorta di spina dorsale di mostro gigante sopra il quale si agitano i Personaggi, è fondamentale. In parte perché fornisce una struttura alla quale possono appigliarsi tutti i Narratori e chiunque si trovi a produrre materiale per la cronaca, in parte perché affidarsi esclusivamente sull’iniziativa dei Giocatori è utopistico e rischioso quanto camminare su uno strato di ghiaccio estremamente sottile. Arrivare dall’altra parte del lago è assolutamente fattibile, ma bastano un’esitazione od un passo falso per cadere nell’acqua gelida. Ricordate il bagno di umiltà di cui parlavo lo scorso articolo? Ecco.
Per la stessa ragione è altrettanto utopistico e rischioso aspettarsi che i Giocatori seguano pedissequamente il progetto narrativo stilato a monte, così come calibrare il Mondo di gioco sulla certezza di ricevere da loro esattamente le risposte attese. Questo perché a loro è offerto soltanto uno spaccato di una realtà sulla quale si affacciano dal basso e progettata da chi invece la osserva dall’alto e ne coglie l’intera struttura. Come ho ripetuto molte volte, il Narratore al suo meglio può cercare di attirare l’attenzione, d’ingolosire ed intrigare, ma deve essere consapevole che l’esito di questa seduzione può essere e probabilmente sarà qualcosa di marcatamente diverso dallo sperato. A questo punto, quando si è riusciti a motivare le persone ad esplorare e vivere e punire il Mondo di gioco, occorre rifarsi a quanto ho detto in incipit.
La storia diventa viva, reagisce alle scelte di chi la anima. Quindi, come sposare le necessità narrative con la follia dei giocatori, senza far venire meno le prime e senza frustrare la seconda?
La strategia più comune è l’illusione della scelta. Ci sono tre porte ed ai giocatori è data la possibilità di scegliere quale varcare. In realtà la scelta è ininfluente, tutte conducono allo stesso risultato, ossia quello scelto dal Narratore. Personalmente ho sempre trovato questo metodo abbastanza infame ed io stesso sono arrivato a detestarlo pur riconoscendone le virtù, nella misura in cui dopo 10 anni guardare una storia di cui conosco già la fine è diventato piuttosto poco accattivante. Anche se, bisogna ammettere, guidare i giocatori ed alla fine vedere realizzato il proprio progetto può dare una grande soddisfazione ed è, di per sé, un compito non facile.
Un’altra strategia è il canto della sirena. Ci sono sempre tre porte, ma soltanto da una di queste proviene un canto meraviglioso, talmente suadente da essere quasi irresistibile. Si cerca di dare tutte le motivazioni ai giocatori per preferire una via alle altre, si punta sulla bramosia e sulle necessità imposte loro dal gioco, dando una possibilità di scelta di fatto piuttosto ridotta, in quanto fra una travata sulla schiena ed un bacio sulle labbra diventa piuttosto semplice esprimere una preferenza. Pur essendo tutto ciò vero, occorre ricordare un assunto assoluto dei giochi di ruolo: i giocatori sono idioti. O, per meglio dire, masochisti. Amano mettersi alla prova, vogliono sfidare il regista oppure semplicemente hanno priorità differenti da quelle imposte dalla logica. Io stesso, fra il sentiero pieno di fiori ed unicorni e quello che s’inoltra nel boschetto oscuro scelgo sempre la strada difficile. Si possono limitare i rischi di devianza, ma non eliminarli del tutto.
C’è poi la strategia della lungimiranza. Aspettati l’inaspettato e non avrai sorprese, per citare Scrubs. Si costruisce la trama in maniera modulare, ogni porzione ha un certo numero di esiti attesi e rimane un elemento a sé, distinto dagli altri. Quando una porzione giunge a compimento, in base a come si è risolta si fa intervenire il risultato sulle altre, sulla base sempre di un certo numero di esiti attesi. Detta altrimenti, delle sfere sospese in assenza di gravità, sbattendo l’una sull’altra schizzano in direzioni diverse, in questo caso controllate entro una certa misura, il più ampia possibile. Per un Narratore sposare questo approccio è una sfida, occorre avere tanto capacità di previsione quanto la voglia di rimescolare le carte ogni volta che un Giocatore decide di sparare in faccia al suo miglior alleato piuttosto che aiutarlo, oppure quando le richieste di spesa in gioco si concentrano attorno ai missili terra-aria con allarmante frequenza. Occorre trovare le risposte, prima ancora di aver sentito la domanda.
Quale sia la scelta fatta, essa non può e non deve prescindere dal dinamismo, nella sua duplice natura di croce e virtù, imposto da un gioco – Vampire: the Requiem – e da una realtà – quella del gioco di ruolo dal vivo – dove la libertà e l’improvvisazione la fanno da padrone. Perché questa è sempre e comunque una storia viva, da scrivere a più mani.
Questo segna la fine dell’articolo. Come sempre, se desiderate che venga trattato un argomento particolare o avete delle domande, sentitevi liberi d’inserirle nei commenti ed io cercherò di venirvi incontro al meglio delle mie (relative) capacità.
A nome di Camarilla Italia, del Gruppo Letterario, dello Staff Narrativo, di Ezzelino III da Romano, di Pavan e di Marcus, vi auguro un sanguinoso Natale, un inquietante Anno Nuovo e, ultima ma non ultima, una Lunga Notte! E sino al nostro prossimo incontro, perché a Natale bisogna essere buoni ma non scemi, complottate con giudizio!
Edoardo Bressan
AVST Bologna
Observer Invictus
Gruppo Letterario Camarilla Italia
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