Benvenuti e bentrovati a tutti quanti, eccoci con il terzo e penultimo articolo dedicato al rapporto gdr-librogame. Oggi vi parlerò di Uno Sguardo nel Buio, pubblicato qui in Italia nella seconda metà degli anni ’80 e facente parte della collana RoleGames della Edizioni EL, parallela ai librogame, ma che trattava veri e propri giochi di ruolo.
Forse i più maturi fra di voi lo ricorderanno, per un certo periodo ha goduto di una buona fama anche da noi, posso supporre almeno in parte alla sua diffusione, visto che era distribuito non solo nei pochi negozi specializzati ma anche tramite librerie, ed infine era uno dei pochi prodotti disponibili in lingua italiana. Vennero localizzati per il nostro mercato il manuale base, chiamato “Introduzione all’avventura fantastica”, la sua espansione il “Perfezionamento dell’avventura fantastica”, una mezza dozzina di avventure per il base più due avanzate (interessante in particolare la prima, “Il viaggio della Korisande”, per l’epoca molto originale). Qui da noi è però finito nel dimenticatoio, visto che sono passati oltre 20 anni dalla stampa di materiale nuovo.
All’estero invece ha ottenuto migliori riscontri, per esempio in Germania, suo paese natale, Das Schwarze Auge (titolo originale) ha praticamente ricoperto il ruolo di Dungeons & Dragons come gioco di ruolo principale nel panorama ludico e, solo di recente, tale predominio è stato in qualche misura intaccato. Per dare un’idea, anch’esso è alla sua quinta edizione, con una storia editoriale di oltre 30 anni e con un ampio catalogo di supplementi, almanacchi e avventure.
Anche i paesi anglofoni hanno prestato maggiore attenzione a questo titolo: in primo luogo gli sono stati dedicati due diverse saghe video-ludiche, Realms of Arcania e Drakensang (quest’ultima decisamente più nota, anche da noi), e sono state tradotte le ultime due edizioni del gioco, la quarta e la quinta. È di quest’ultima che ho intenzione di andare ad approfondire.
The Dark Eye
Lingua : inglese
Numero di pagine : 416
Costo : 19,99 $ (formato digitale)
Autori : Alex Spohr, Jens Ullrich, Eevie Demirtel, Daniel Simon Richter
Editore : Ulisses Spiele
Ambientazione
Com’era comune per i giochi di ruolo di quel periodo (bisogna tener conto che Das Schwarze Auge è un gioco realizzato nel lontano 1984) Uno Sguardo nel Buio è un gioco con un’ambientazione nettamente fantasy. La zona centrale del continene di Aventuria, quella più rilevante, è chiamata semplicemente Nuovo Impero (o Middlerealm o Middlereich, rispettivamente nell’edizione inglese e tedesca) e ricorda la Germania medievale, divisa in feudi e città stato. Di recente è stata flagellata da una guerra devastante contro gli orchi, che solo in extremis ha visto prevalere gli umani, seppur a caro prezzo. Infatti il giovane imperatore è disperso, lasciando la propria sposa sola a districarsi in mezzo agli intrighi creatisi in seguito a tale vuoto di potere. C’è poi l’Impero Horasiano, culla della civiltà e culturalmente più sviluppato, da cui si è staccato il Nuovo Impero e qui si può notare un’ispirazione più rinascimentale, associata ai paesi di origine latina, come la Spagna o la Francia. Altri luoghi degni di nota sono il Califfato, regno incontrastato dei Novadi,
cavalieri del deserto e seguaci di un unico dio, e le Città-Stato Tulamidi, che richiamano per contesto e per estetica le Mille e una notte. Ovviamente esistono anche innumerevoli stati di dimensioni minori, come la Fontania, Nostria e Andergast, o l’Isola di Maraskan, per citarne alcuni. Ciascuno di essi è comunque descritto con un certo dettaglio, con relativi usi e costumi, affinché diventino qualcosa di più di un semplice nome su una mappa.
Questa grande varietà di luoghi permette ovviamente al master d’impostare la campagna secondo le sue preferenze, anche esplorando situazioni molto diverse, dai tornei cavallereschi agli intrighi, alla lotta contro i culti segreti e via così.
Fra le varie nazioni e culture è abbastanza facile individuare parallelismi con quelle del mondo reale, ma qui esso viene usato solo come sorgente di ispirazione, in maniera più sottile rispetto ad altri giochi come 7th Sea o Warhammer (da me trattati in articoli precedenti) dove invece tale sovrapposizione è molto più marcata.
C’è anche da dire che attraverso le cinque edizioni, l’atmosfera è cambiata e si è evoluta, anche se non necessariamente in direzioni
migliori; per fare un esempio pratico i nani nella prima edizione erano ispirati molto da quelli della tradizione nordica (gli Svartálfar), mentre ora ricordano molto quelli di D&D o Warhammer, riducendo la loro caratterizzazione. Per quel che riguarda le altre creature umanoidi il discorso è migliore, pur essendo quelle tradizionali, come elfi, orchi, giganti e troll, queste vengono usate in maniera più originale del solito. Nel concreto i goblin coesistono in certe città con gli umani, anche se come cittadini di seconda classe, i troll sono dei giganti buoni (ghiotti di liquirizia, e non sto scherzando) che abitano solitari sulle montagne, e gli elfi forse sono i più strani di tutti, vivendo letteralmente in comunione con la natura, con una maniera di ragionare a tratti totalmente aliena ripetto a quella umana.
Non bisogna dimenticare che anche la magia ricopre un ruolo sensibile, praticata in molte forme, sia legittime, dai maghi, nelle loro gilde, che perseguitate, dalle streghe, nei loro circoli. Da non trascurare poi gli iniziati (blessed one, in inglese) devoti alla fede dei dodici dei che, oltre a poter far ricorso ai miracoli loro concessi dalle divinità, dispongono, a seconda dei luoghi, anche di un notevole potere politico. Infine non possono mancare i mostri, tra cui si possono annoverare elementali, demoni, servitori del tenebroso tredicesimo dio, e i draghi (persino a tre teste).
Meccaniche
Sicuramente ci troviamo davanti a un sistema complesso, credo il più complicato tra quelli che vi ho presentato fino ad ora. Con questo non intendo dire che sia ingiocabile, ma sicuramente non è indicato ad un giocatore occasionale. Questo perché il solo processo di creazione del personaggio risulta già poco immediato, anche se apparentemente potrebbe non sembrarlo. Credo che a questo punto sia meglio approfondire: la procedura è a punti, eliminando qualunque fattore casuale. Si comincia con la determinazione dei valori delle statistiche, per procedere poi scegliendo la razza, la cultura di origine (e la nazionalità di appartenenza, se il personaggio è umano) e la professione (non è una classe, non risulta così vincolante). Questo fornisce il bagaglio di competenze base al pg, e fino a qui non ci sono particolari difficoltà. Queste sopraggiungono proprio ora, infatti l’uso dei punti avanzati per migliorare le abilità è complesso e rende necessaria la consultazione di alcune tabelle, che non sono proprio immediate (è stata resa più fruibile rispetto all’edizione precedente, che era decisamente più ingarbugliata). Più lineare è invece l’acquisizione di talenti o la definizione di capacità innate. Per personalizzare ulteriormente il proprio eroe (e ottenere qualche punto extra) è ovviamente possibile scegliere degli svantaggi (che difficilmente sono di poco conto). Come ho accennato prima non ci sono classi ne tanto meno livelli. Il personaggio parte già dotato di una certa competenza, almeno nel suo campo, anche se c’è sempre spazio per la crescita.
C’è poi la meccanica di risoluzione dei test, che è ben fatta, efficiente, ma forse poco pratica: si lanciano tre dadi a 20 facce, cercando di ottenere meno delle tre caratteristiche associate all’abilità interessata, con il valore di quest’ultima per ammortizzare eventuali margini di fallimento. Il problema è come lanciare questi tre dadi, ognuno collegato a una caratteristica diversa. Lanciare un dado alla volta è lento, ed usare il sistema suggerito da loro (ogni statistica ha un suo colore per il rispettivo dado) mi sembra implausibile, difficilmente un giocatore avrà a disposizione 8d20 di colori specifici. Io a suo tempo ho ripiegato, impiegando solo tre dadi, che vengono sempre usati nello stesso ordine cromatico. Una volta presa confidenza con la lista delle abilità diventa un processo veloce. Alternativa valida è usare una applicazione per il lancio dei dadi che permetta di scegliere i colori di quest’ultimi.
A paragone il combattimento è molto
più semplice, tiro di attacco, tiro di parata, eventualmente quello dei danni, sottrazione della protezione data dall’armatura. È arricchito da colpi critici, ferite invalidanti, coefficente di rottura delle armi, computo della lunghezza delle stesse (una cosa che io apprezzo tantissimo, e spesso finisce ignorata o quasi), e i talenti, che la fanno da padrone dando tridimensionalità al tutto (per esempio simulando stili di combattimento medievali). Nel complesso è piuttosto letale, soprattutto senza armature, anche se i personaggi giocanti ricevono un occhio di riguardo. Di contro, fra due guerrieri esperti, bene equipaggiati, il combattimento rischia di diventare di lunga durata (ma questo può essere realistico, oltre che drammaticamente appropriato). Anche qui, come per la creazione del personaggio, il miglioramento rispetto alla edizione precedente è sensibile.
Il sistema magico sfrutta la meccanica dei test e dei punti magia, qui chiamata energia astrale, per lanciare incantesimi. I principi di base sono condivisi da tutte e tre le tradizioni sovrannaturali, anche se ognuna ha una propria lista specifica (gli iniziati addirittura diversa per ogni divinità). Sono presenti anche le regole per la creazione degli oggetti magici e per l’alchimia. Ci tengo a precisare che maghi et similia devono usare con criterio la magia, perché l’energia astrale si rigenera con lunghi tempi. In effetti questi spesso hanno altri talenti per sostenerli, chi le conoscenze, chi il sotterfugio e chi la spada.
Il bestiario del manuale è striminzito, presenta solo le minacce più comuni (animali) o iconiche (alcuni demoni), ma nel mondo di Aventuria la minaccia più grande sono proprio gli uomini, quindi non lo considero un gran problema (deve comunque essere già uscito il bestiario dedicato).
Votazione
Ambientazione : 8
Meccaniche : 7
Sostanza : 8
Voto complessivo : 7,5
Conclusioni
Di sicuro The Dark Eye non è un gioco adatto a dei principianti, almeno l’edizione corrente. Detto questo offre alcune attrattive che lo rendono interessante: è un fantasy di concezione classica, ma in buona parte sconosciuto al pubblico italiano, almeno nel dettaglio; la meccanica è articolata e completa, rendendo superflua, almeno da questo punto di vista, l’improvvisazione (sono fornite nel dettaglio anche le regole per raccogliere erbe medicamentose); e il volume di informazioni fornite è notevole e ben esposto. È inoltre disponibile un buon supporto fornito dai manuali che sono ancora in fase di traduzione. Avendo una buona padronanza del tedesco (non il mio caso), immagino che sia facile trovare materiale amatoriale a riguardo, o acquisire direttamente quello ufficiale.
D’altro canto i suoi pregi possono essere anche i suoi difetti, l’ambientazione può risultare troppo classica, arrivando ad apparire scontata (molto soggetivo), e il sistema potrebbe presentare alcuni problemi, risultando un po’ legnoso in certe circostanze, che ho evidenziato sopra.
Non ho avuto accesso al manuale fisico, quindi non ho modo di valutarlo, però posso dire che le illustrazioni sono molto piacevoli, più che adeguate, il resto della grafica è piacevole e l’impaginazione non appesantisce la lettura.
In conclusione se a un giocatore piace il fantasy e vuole qualcosa di nuovo, ma non troppo, qui può trovare esattamente quello che cerca. Non trae ispirazione dai miti normanni che tanto sono inflazionati, ma da leggende nordiche di popoli meno noti, da un contesto medievaleggiante e anche da uno più arabeggiante. Infine può essere anche indicato per chi semplicemente apprezza il fantasy e cerca un approccio simulazionistico, che nei giochi più moderni sta venendo un po’ meno.
P.S. Il nome del gioco deriva da misteriosi oggetti realizzati in minerale meteorico chiamati per l’appunto occhi di tenebra (o oscuri) dotati di grandi poteri profetici.